c’è un campo, e un’ascia, e tu che sorridi:
andiamo avanti, hai detto, senza voltarci.
e ancora, nel campo, con la testa sul vetro
ti ho spinto e poi con fermezza ripreso:
ma altro non resta e mentre ti spogli
ancora sul vetro mi fletto e ricado.
bastava mostrarsi e tutto era dato
senza luce voltarsi e levare ogni peso:
ora chiama le cose, soffia sul vetro,
nel parcheggio ormai vuoto non ha più dimora
quello sguardo che un giorno gettavi su un prato
per ogni minaccia che dal buio premeva.
quando premo alle spalle misurandoti il fianco
stringendo le cosce tu affermi la resa:
allora lascia, non dirlo, che altrove non siamo
e nella luce inesausta ci apriamo all’oscuro.
c’e’ un campo, e un’ascia, e tu che ti volti
ché avanti puntando si torna poi indietro:
non bisogna, hai detto, tradire il sentiero
e calcando i miei passi sul muro mi hai preso.