Come è successo nelle passate edizioni continuiamo a lavorare senza alcun tipo di aiuto da parte delle istituzioni. Può sembrare paradossale ma, in qualche modo (nonostante le enormi difficoltà), questo fatto è diventato, volenti o nolenti, il vessillo del nostro incedere quotidiano. Abbiamo smesso di sperare, al punto che abbiamo smesso persino di chiedere. Definire biblici i tempi di una burocrazia studiata a tavolino per demolire le speranze di chi si ostina a credere alla buona novella equivarrebbe a passare per sprovveduti.

E diamo fastidio. Di questo abbiamo avuto più di una conferma. Per fortuna ci sono i volontari. Studenti, neo-laureati, professionisti, pensionati, attori, scrittori, musicisti, editori; gente che, contro vento e marea, ha fatto propria quell’idea dalla quale siamo partiti, circa quattro anni fa (giorno più giorno meno)

In questa edizione (tra altre cose) parleremo di: razzismo, integrazione, disabilità, resistenza, lingua, sapori, dissapori, arte, cultura, amori e disamori, politica e politicanti; parleremo di musica, di calcio, delle parole dette e di quelle non dette, di lunghe falcate e di gambe corte, di voli pindarici e di quelli veri, del “dolore eroico di costruirsi ogni giorno un nuovo paio d’ali”; parleremo di poesia, e dei linguaggi del corpo; dei recinti della mente e dei manicomi criminali, di sguardi dietro le sbarre, di messaggi scritti sul muro, di torti e di diritti, del coraggio delle Mamme, della memoria delle Nonne, della difesa dell’allegria, di una tristezza “improvvisamente perfetta”, di mondiali di calcio e di campionati della fantasia…

“La letteratura vive solo se si pone degli obbiettivi smisurati, al di là di ogni possibilità di realizzazione, diceva Calvino. “Solo se poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro osa immaginare la letteratura continuerà ad avere una funzione”. In questo stiamo.

Milton  Fernàndez
Direttore  artistico  Festival  della  Letteratura  di  Milano

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